20 marzo 1731: il terremoto che sconvolse Foggia

Com’era Foggia alla vigilia del più grave evento sismico della sua storia? La città, la seconda del Regno di Napoli, contava circa 15.000 abitanti e iniziava ad espandersi oltre la cosiddetta “testa di cavallo”, ossia il nucleo storico ricompreso tra le attuali via Fuiani, Corso Garibaldi, Via della Repubblica e Via Manzoni. Vi erano molti palazzi signorili di grande pregio e numerose chiese e conventi oltre ad importanti edifici pubblici, come la Dogana della mena delle pecore, ubicata tra le attuali via Arpi e Piazza Federico II, e soprattutto vi sorgeva la Chiesa di Santa Maria di Foggia (l’attuale Cattedrale), splendido esempio di architettura romanica, che comunque iniziava a subire modifiche e trasformazioni, proprio per accogliere il maggior numero di fedeli determinato dall’espansione demografica.

Il terremoto avviene all’alba del 20 marzo 1731. Era martedì santo. Recenti studi hanno dimostrato che ebbe una forza devastante pari al IX grado della scala Mercalli. Circa i due terzi della città andarono distrutti e si contarono circa mille vittime, oltre quelle che si ebbero nelle campagne circostanti.

Per ricostruire quelle drammatiche ore, di grande importanza sono stati la testimonianza di Pasquale Manerba, canonico della Cattedrale di Foggia, attraverso la suo opera “Memorie sulle origini della città di Foggia e sua maggiore Chiesa”, pubblicata nel 1798, e il poema di Vincenzo Maria MorraDelle ruine di Foggia penitente” pubblicato nel 1734.

Di notevole suggestione, invece, la relazione nel 1731 al tragico evento di un anonimo: ”Fu la scossa orribile dal Tremuoto, e con moti diversi instantaneamente, tanto che in essa città di Foggia in instante rovinarono la maggior parte degli edifici tanto di chiese, che di particolari, e prima si vidde caduta, e rovinata in gran parte della città, e sepolta molta gente sotto le pietre, che si fossero potuto accorgere del Tremuoto. Durò questo così fiero moto per cinque minuti di ora, e indi fra lo spazio di un’Ave ripigliò fieramente con lo stesso vigore, e scuotimenti, la cui violenza, e impeto si puoi congettuare dall’aver l’acqua de’ pozzi dalla profondità di 30 in 40 palmi in molte parti sormontata la bocca e allagato all’intorno. Cessato che fu il Tremuoto, e cadute le abitazioni, il nembo della polvere, le grida della gente, che procurava salvarsi, chi ignudo, e chi mezzo coverto, la confusione nell’oscurità della notte, e i gemiti di coloro, che mezzo atterrati dalle rovine imploravano, erano in tal spavento e orrore, che giunto rassembrava il giorno estremo: aggiungendosi a tante miserie un freddissimo vento, che interiziva le membra, a gran pena potendosi passare per le strade ripiene di cadute muraglia, e di grandissime pietre, e tutti piangenti, abbandonando le case, e gli averi, fuori della città ognun fuggissimo, tanto più che un’ora dopo si fe’ sentire altra scossa di Tremuoto … “.

Foggia in una incisione del ‘600 di Francesco Cassiano de Silva, in G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, 1703.

La tradizione vuole che legata a questo tragico evento sia la prima apparizione della Madonna dei Sette Veli il 22 marzo 1731 per consolare le lacrime e il dolore dei foggiani.

L’apparizione avvenne presso la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, dei padri Cappuccini, che sorgeva fuori città, lungo la via per San Severo, dove fu condotto il Sacro Tavolo per salvarlo dagli ulteriori crolli della Cattedrale. Il Sacro Tavolo era stato portato all’aperto, dove si era alzato un altare per la celebrazione della messa. E fu in quella circostanza, racconta la tradizione, che l’Iconavetere apparve al popolo foggiano ivi radunato.

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Cultore di storia locale.

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