Una giorno per omaggiare i morti
Questi giorni di festa, di dolcetti e scherzetti, sono anche preziosi per ricordare e omaggiare i nostri morti.
Vi è una connessione, parrebbe, tra la festa laica di Halloween e la nostra festa tradizionale dei morti. L’anello di congiunzione – benché si tratti, come è evidente, di cose molto diverse tra loro – potrebbe essere la festa dei Fucacoste e Cocce Priatorje, una celebrazione a metà tra sacro e profano, originaria della nostra terra, Orsara di Puglia in provincia di Foggia.
La festa dei Fucacoste e Cocce Priatorje sembra simile a quella anglosassone, per esempio hanno in comune gli stessi simboli: le zucche scavate a mo’ di lanterne. Le “cocce priatorje” in dialetto, rappresentano le teste dei defunti. Ma le due ricorrenze hanno un significato diverso. La festa Orsarese è una celebrazione religiosa antichissima, che risale addirittura al 1200. Halloween si festeggia nella notte tra 31 di ottobre e il primo novembre. La festa orsarese, invece, ricorre nel giorno di Ognissanti ed un omaggio allo spirito buono dei nostri morti che illumina le nostre case, le nostre strade (con le lanterne accese) e ci protegge.
Ci piace, in questi giorni, omaggiare i morti a noi cari. Dedicare attenzioni a chi non c’è più, a chi ci lascia in eredità il difficile compito di sperimentare il sentimento della mancanza. Dunque a chi resta. E lo facciamo, rivolgendoci ai più piccoli.
Il buco, testi e illustrazioni di Anna Llenas, Gribaudo, 2016.
Anche i piccoli fanno esperienza, sulla propria pelle, del vuoto e del disarmo che l’assenza provoca. Solo che è difficile nominare queste cose. Non sappiamo come definirle. Non capiamo che forma hanno. Se volessimo descriverle, potremmo forse dire che tutto questo garbuglio di sentimenti, invece di riempirci, ci fa sentire cavi, smarriti. Assomiglia a un buco. Una voragine che ci trapassa da parte a parte, tanto da farci vedere, al di là, quel che succede. Un buco che ci risucchia dentro. Un pozzo senza il fondo nel quale si può cadere, ci si può perdere.
Un vuoto, però, che provando a guardare la cosa da un’altra prospettiva, può diventare capiente, generatore di vita.
È dal quel “buco”, infatti, che scorgano le nostre cose migliori. Generosità, empatia, consapevolezza, umiltà. Ma anche le idee, i desideri, la determinazione vengono da lì. Sono la nostra più grande ricchezza. Una risorsa personale che nasce proprio dal riuscire a guardare, senza spavento, dentro quel buco.
Il buco è un libro per bambini piccolissimi, dai 2 o 3 anni addirittura, ma è apprezzato e valorizzato anche dagli adulti che sentono vicina al proprio vissuto ogni possibile lettura di questa storia.
Come molti dei libri con pochissimo testo e tanta illustrazione, infatti, anche questo si presta a diverse interpretazioni. Può essere usato come spunto per letture animate e come canovaccio per attività laboratoriali con i più piccoli, o come “esercizio” sulle emozioni con i più grandi.
A partire da queste pagine, ci si può sentire invogliati a far i conti con il proprio “lutto”, non necessariamente legato alla perdita di una persona cara. A guardare da vicino la propria mancanza e a raccontare quali sensazioni smuove. E ancora, a tradurre un sentimento “brutto” in gesti, suoni, disegni, parole. Dunque in bellezza.
Anche i piccolissimi vogliono e sanno dire quello che hanno dentro. E se dentro c’è qualcosa che scava e fa male, parlarne sarà di grande aiuto.
La vita è piena di cose che arrivano e ci sorprendono e di altre che finiscono e muoiono. Di opportunità, e anche di perdite. Alcune piccole, insignificanti, altre importanti, definitive. Queste pagine parlano, anche, della capacità di restare in contatto con la nostra parte più fragile, sempre. Di resistere e trovare nuova energia anche nei momenti difficili.
Il buco di Anna Llenas, insieme ad altri titoli della stessa autrice, è presente nella nostra Biblioteca dei Ragazzi ed è ammesso al prestito. Il libro è incluso in una nostra bibliografia dedicata alle emozioni.