Non tutti sanno che Nicola Zingarelli, il padre del più noto vocabolario della lingua italiana, nacque a Cerignola nel 1860. La sua vita di studi lo portò in giro per l’Italia, fino a quando si stabilì a Milano, dove insegnò presso la regia Università. Mentre era ancora in vita espresse la propria volontà di cedere la sua ricca raccolta libraria alla città di Foggia. Fu l’amministrazione provinciale, presieduta da Giustiniano Serrilli, a concludere l’acquisto nel 1936 per una somma complessiva di 100.000 lire, e fu proprio questo acquisto che portò l’anno successivo alla fondazione della Biblioteca provinciale di Foggia, nella quale pochi anni dopo confluì la Biblioteca comunale.
<<Tra questi cari compagni che mi son procurati ad uno ad uno coi miei risparmi ho trascorso serenamente tutta la mia vita>>, con queste parole Zingarelli descrisse la sua biblioteca, costituita da oltre 9.000 documenti che raccontano meglio di qualsiasi parola la personalità e gli interessi del suo possessore: testi di letteratura italiana, tradizioni popolari, classici greci e latini, filologia romanza, letteratura spagnola, portoghese, francese, tedesca e inglese, linguistica, vocabolari. Una parte consistente, formata da circa 3.000 libri e opuscoli, costituisce quella che lo stesso Zingarelli definì ‘Sezione dantesca’: si tratta di opere raccolte in oltre cinquant’anni di studi su Dante, che confluirono nelle due edizioni della Divina Commedia curate da Zingarelli per il tipografo napoletano Pierro tra il 1899 e il 1902, e per l’Istituto italiano d’arti grafiche di Bergamo nel 1934, ma soprattutto in quella che è la summa dei suoi studi danteschi, La vita, i tempi e le opere di Dante, edita da Vallardi nel 1931.
Oltre al manoscritto della Vita di Dante di Giovanni Boccaccio del 1475, vogliamo qui segnalare alcune edizioni della Divina Commedia di particolare pregio e interesse, a partire da Le terze rime di Dante, pubblicato a Venezia nel 1502 dal ‘Michelangelo dei libri’, Aldo Manuzio. Si tratta di un evento editoriale per via del formato utilizzato (in 8°), un formato tascabile con margini ridotti, senza commento, adatto alla libera lettura; fu usato il corsivo, inventato proprio da Manuzio, che con questa innovazione lasciò un segno tanto profondo che ancora oggi il corsivo tipografico in inglese è chiamato italic; grazie al lavoro di Pietro Bembo, collaboratore di Manuzio, cominciò una demarcazione più netta delle parole e fu introdotto l’uso della punteggiatura e dell’apostrofo; e infine, ma non meno importante, Dante e Petrarca furono pubblicati nello stesso formato e con lo stesso carattere di Virgilio e di Orazio, assurgendo così al ruolo di classici volgari, aprendo la strada della loro fruizione da parte di un pubblico più vasto.
Nel 1564 Giovanbattista Sessa pubblicò Dante con l’espositione di Christoforo Landino et di Alessandro Vellutello, edizione conosciuta come del ‘Gran naso’ per via del ritratto di Dante presente sul frontespizio.
È del 1595 il primo tentativo di edizione critica del testo a opera degli Accademici della Crusca, i quali collazionarono il testo dell’aldina del 1502 con circa cento manoscritti. Tra le particolarità di questa edizione segnaliamo all’inizio di ogni canto la presenza di un capolettera xilografico contenente l’impresa di un accademico, grazie ai quali è possibile ricostruire un vero e proprio alfabeto dei Cruscanti.
La fortuna editoriale della Commedia toccò nel Seicento il punto più basso, con tre edizioni di cui nessuna presente in biblioteca.
Tra le edizioni del Settecento, spicca per la ricchezza dell’apparato illustrativo quella dedicata a Elisabetta Petrowna, imperatrice di Russia, con 106 illustrazioni calcografiche a piena pagina, che dimostrano come la sostituzione dell’incisione in rame a quella in legno abbia consentito effetti di chiaroscuro e resa dei dettagli nettamente superiori.
Interessante per la storia dell’illustrazione dantesca, l’edizione Gamberini e Parmeggiani pubblicata a Bologna tra il 1819 e il 1821. Riconducibile alla scuola classicista di inizio Ottocento, l’edizione è detta machiavelliana dal nome del curatore, l’abate Filippo Machiavelli, e da quello dello zio Giovan Giacomo Machiavelli, che disegnò e incise 101 illustrazioni del poema dantesco. Le figure presentano linee vigorose, con contorni accentuati che sembrano staccarle dallo sfondo. Tale è l’aderenza a modelli classici che i personaggi medievali appaiono in armature romane.
Tante altre sono le edizioni della Commedia presenti nel Fondo Zingarelli che presentano grandi motivi di interesse sia dal punto di vista filologico che da quello iconografico, dalle edizioni curate da Niccolò Tommaseo, Ugo Foscolo, Karl Witte, Edward Moore, a quelle illustrate da Gustave Dorè, o da un folto gruppo di artisti italiani pubblicati da Alinari agli inizi del Novecento. Tra le altre ricordiamo l’edizione Amalthea del 1921, con immagini dell’austriaco Franz von Bayros racchiuse in cornici decorative a rilievo tipiche dello stile liberty. Le illustrazioni dell’artista offrono un’interpretazione che oltrepassa il senso letterale del poema, rappresentando non le descrizioni ma le suggestioni che queste evocano, con un’interpretazione originale e sensuale dovuta all’essere von Bayros autore di illustrazioni prevalentemente a carattere erotico.
Ci piace concludere questa breve e di certo non esaustiva rassegna con un’immagine di Nicola Zingarelli, accompagnata dalle parole di Paolo D’Ancona, suo collega e amico: <<chi ebbe occasione di vederlo nell’intimità del suo studio non potrà dimenticarlo mai; libri per tutto, sui tavoli, sulle sedie, per terra, disposti in alti pili: fra questo cumulo di carte e di volumi si vedeva emergere la testa dello Zingarelli, sormontata da un grande berrettone di seta scura, quasi a personificare uno di quei tanti geni o spiritelli medioevali che la sua indagine aveva perseguito e posto in onore>>.
Gli argomenti trattati in questo post possono essere approfonditi nel saggio breve Le edizioni della Divina commedia nella biblioteca di Nicola Zingarelli, pubblicato in Nicola Zingarelli e gli studi danteschi, a cura di S. Valerio, A. M. Cotugno, R. Palmieri, Foggia, Edizioni del Rosone, 2016.