“Il desiderio chiama in causa sempre una dimensione gerarchica: cosa diventiamo quando desideriamo?”
Lo chiede al pubblico Jonathan Bazzi in apertura dell’incontro di presentazione del suo ultimo romanzo, Corpi minori, Mondadori 2022, lo scorso primo luglio, nella Terrazza della Biblioteca “la Magna Capitana” di Foggia nell’ambito della rassegna letteraria Fuori gli autori, organizzata insieme alla libreria Ubik.
Sulla nostalgia delle stelle, in realtà, l’autore – che con il libro d’esordio Febbre è stato finalista al Premio Strega nel 2019 – ha costruito un’intera storia di autofiction, in cui molti corpi minori orbitano attorno a dei corpi maggiori, sperando di intercettarne la traiettoria.
Ma quali sono i corpi minori?
“In astronomia sono i corpi celesti di importanza secondaria – spiega Bazzi, rispondendo alle domande del libraio Salvatore D’Alessio e di Alice Rizzi, Presidente Arcigay Foggia ‘Le Bigotte’ –. Dal punto di vista metaforico, invece, sono i corpi imperfetti, che avvertono il senso di inadeguatezza”.
Riduttivo definirla una storia LGBT solo perché racconta dell’amore e disamore (?) di due ragazzi, molto meglio non incasellarla questa trama che trova nel desiderio il denominatore di una comune umanità, tesa verso l’altro al di fuori dei confini ristretti di ogni singolo individuo.
È un libro che prova ad esplorare il rapporto di coppia oltre le polarità – l’idealizzazione degli inizi e la separazione della fine –, ma scava nel mezzo, nelle “ricadute cognitive e percettive dell’innamoramento”, sottolinea Bazzi.
Il dubbio è il vero protagonista di questa vicenda, che riflette sull’intermittenza del “ti amo, non ti amo più” che può irrompere all’improvviso e mettere in discussione quella “sorte orgogliosa” a cui i cuori uniti si sentono chiamati, per dirla con Dino Buzzati.
“Mi interessava raccontare una crisi tutta interna, quando l’ebbrezza che scema riporta a galla parti di noi occultate proprio dallo stordimento iniziale”.
Coltivare il dubbio, insomma, anche dei percorsi di vita: c’è chi sa procedere a zig-zag, senza il mito di tagliare il traguardo per primo nella competizione sfrenata delle attuali società della prestazione.
Il protagonista sa che vuole muoversi dalla periferia di Rozzano al centro di Milano: è un ragazzo che dopo il diploma tenta i primi passi per costruirsi la sua identità, formativa, sentimentale, professionale.
Lo fa, però, senza cedere alle semplificazioni: s’interroga di continuo, torna indietro, ricomincia, si mette in discussione, senza farsi congelare dallo stigma sociale del fallimento.
È profondo il personaggio ed è profondo il percorso che compie per interrogarsi, quando invece sarebbe molto più semplice far finta di niente, aspettare che passi, non cercare risposte alle domande scomode, mettere a tacere il Sé, dare spazio solo al Super Io.
Ci sono le filosofe in questa storia, anche loro tenute ai margini dal canone, come tutti i corpi minori: Simone Weil, Hannah Arendt, Etty Hillesum, Edith Stein, Maria Zambrano.
“Sono piste filosofiche eterodosse, in cui ho trovato la mia identificazione, oltre che l’ispirazione della forma espressiva, pensando ad esempio ai diari e agli espistolari che hanno pubblicato. Un esempio su tutti è Diario di fabbrica di Simone Weil, che testimonia l’oppressione subita dagli operai attraverso l’esperienza che lei stessa visse in fabbrica tra il 1934 e il 1935, come lavorante, nonostante la salute cagionevole e le terribili emicranie di cui soffriva”, dice Bazzi, laureato in filosofia, che alle asserzioni dogmatiche preferisce sempre il dialogo tra gli opposti, “perché – ammette – sono sempre stato ibrido”.
Insomma, Bazzi ricorre all’autofiction, nel primo romanzo, in cui racconta la scoperta della sua sieropositività, così come nel secondo, in cui racconta il suo innamoramento. Lo fa, però, non identificandosi con i fatti della sua vita, ma scegliendo un ruolo da testimone, un occhio interno che registra e racconta quello che accade attorno.
“Non sono pentito, quello che ho fatto fin qui lo rivendico, ma per il futuro non so se proseguirò con l’autofiction”, dice Bazzi, che poi aggiunge: “Il fatto di essere sieropositivo non appartiene a me, è qualcosa di periferico che non metterei sul tavolo per descrivermi”.
È un omaggio anche al potere tras-formativo e curativo della parola, che può conciliare i poli delle antinomie, alimentando il dibattito dell’altrimenti possibile.
Ho paura degli altri ma quando parlo delle cose che amo, nelle parole, all’interno di esse, a dispetto di tutto, io sento di valere qualcosa […] Le parole mi sfoderano da me, processo estatico: in loro compagnia tutto è possibile. Ogni dire è un inseguire, non so parlare ma so indicare un sentiero. Venite, rimettiamoci in marcia.
Grazie, Jonathan, per averci indicato il sentiero del dubbio, in una caldissima estate foggiana, a parlare di libri, di storie, di possibilità fuori dalle logiche illogiche delle vite ad una direzione.
In chiusura di incontro abbiamo chiesto all’autore di consigliare un libro ai lettori della Biblioteca “la Magna Capitana” di Foggia. Ha scelto per noi: Sorella, mio unico amore di Joyce Carol Oates.
Ma se leggete i ringraziamenti e la pagina dei Crediti alla fine del suo libro, troverete molti altri spunti e suggerimenti di lettura.
Corpi minori, che fa parte delle collezioni della Sala Narrativa, è disponibile al prestito in versione cartacea (con dedica dell’autore) e in prestito digitale.
Prossimo appuntamento di “Fuori gli autori”, lunedì 18 luglio, sempre alle ore 19.00 nella Terrazza della Biblioteca “la Magna Capitana” di Foggia, con Chiara Tagliaferri che presenta Strega comanda colore, Mondadori 2022.