Nel luglio del 1970 a Reggio Calabria si consuma una guerra civile vera e propria, devastante, aspra, che provoca distruzione, spavento e morte. Gli scontri con le forze dell’ordine, la guerriglia e le barricate per le strade dureranno mesi, muteranno i connotati della città e le consuetudini dei suoi abitanti.
Si tratta di una pagina molto grave e dolorosa della nostra storia che pochissimi conoscono, forse anche per via della comunicazione volutamente reticente su fatti di questo tipo, allora ancor più che oggi.
Causa scatenante del conflitto o, piuttosto, il motivo apparente ed esplicito a cui si diede credito, fu l’assegnazione del capoluogo di regione a Catanzaro, cosa che indignò gli abitanti di Reggio che, per numero di abitanti, storia, radici, sentivano di meritarla di più. Dietro questa facciata di verosimile scontento, vi era un disegno ben più grande e assai poco decifrabile, dove a farla da padroni c’erano le organizzazioni mafiose e frange dello Stato con esse invischiate.
Il conflitto andrà avanti ancora a lungo nella sua forma più violenta e si quieterà solo dopo una spartizione stabilita dal Governo Colombo, nella quale Reggio venne ricompensata con aree industriali, alcune delle quali non entreranno mai in funzione.
Gianfranco Turano, Salutiamo, amico. Il romanzo sull’estate dei boiachimolla, Giunti, 2020.
“Due tredicenni, amici come si può essere solo a quell’età, si trovano separati dalle barricate e si tengono in contatto con le lettere, portate avanti e indietro dai genitori. Sono troppo giovani per capire che le loro famiglie, legate da vincoli di sangue inconfessabili, sono l’embrione della più potente organizzazione criminale di oggi, la ’ndrangheta. Ma tutta l’Italia, e le stesse forze che si battono per le strade di Reggio, non vedono se non il tassello più vicino ai loro occhi di un disegno più grande, dove l’eversione nera, le cosche mafiose, la massoneria e gli apparati dello Stato guidano la loro danza di morte. Ma la speranza è nei giovani e i giovani protagonisti sapranno farla valere” (Dal risvolto di copertina).
Salutiamo, amico, a cinquant’anni da quanto accaduto, è il romanzo su quella che fu la più grande protesta della Calabria, e pure tanto in fretta accantonata, e così labile nella memoria dei calabresi e degli italiani tutti.
Gianfrancesco Turano (Reggio Calabria, 1962) è inviato speciale dell’Espresso.
Ha pubblicato cinque romanzi: Ragù di capra (2005), Catenaccio! (2006), L’ultima bionda (2007) editi da Flaccovio, Remedia amoris (Cairo, 2009), Contrada Armacà (Chiarelettere, 2013), E due saggi: Tutto il calcio miliardo per miliardo (Il Saggiatore, 2007) e Fuorigioco (Chiarelettere, 2012).
Il romanzo è tra i cinque finalisti del premio Presidi del libro “Alessandro Leogrande” .