Pizza, please!

Permettetemi di parafrasare Raymond Carver, vorrei iniziare chiedendovi: di cosa parliamo quando parliamo di pizza?

Potrà sembrare esagerato ma ad affrontare l’argomento senza esserne esperti si rischia di risultare superficiali e presuntuosi.

Cominciamo col dire che la pizza, patrimonio dell’Unesco, è un alimento facilissimo da preparare, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Esiste addirittura una giornata mondiale ad essa dedicata: il 17 gennaio.

Malgrado ciò, molti non conoscono la sua storia, la sua tradizione, il suo significato sociologico e culturale.

Per questo motivo, se volete approfondire la sua conoscenza, vi suggerisco una pubblicazione,  collocata nel nostro deposito, curata da chi dell’argomento se ne intende e ha tutta l’autorevolezza necessaria: L’Accademia italiana della cucina. Troverete in essa elencati gli ingredienti originali e tante curiosità.

www.accademiaitalianadellacucina.it 

Pizza e pasta : atti del convegno nel quarantennale della delegazione di Napoli, Napoli, 27-29 settembre 1996. Milano, Accademia Italiana della cucina, 1997

L’Accademia è una “istituzione culturale” riconosciuta dal Ministero per le Attività e i Beni culturali. Sul suo sito si legge: “La cucina è una delle espressioni più profonde della cultura di un Paese: è il frutto della storia e della vita dei suoi abitanti, diversa da regione a regione, da città a città, da villaggio a villaggio. La cucina racconta chi siamo, riscopre le nostre radici, si evolve con noi, ci rappresenta al di là dei confini. È frutto della tradizione e dell’innovazione e, per questo, da salvaguardare e da tramandare”.

Quello sulla pizza è uno dei numerosi opuscoli appartenenti alla collana “I Quaderni dell’Accademia “.

“ Si tratta di un’iniziativa editoriale che offre l’opportunità di approfondire temi e fenomeni riguardanti la civiltà della tavola del Paese e che rappresentano un inestimabile patrimonio di storia popolare e di costume nazionale.”

https://www.lamagnacapitana.it/SebinaOpac/list/pizza/377680943823

Ma ritorniamo alla nostra pizza!

Essa ha avuto origine dalla focaccia che è un pane basso composto da farina, acqua, sale e lievito a cui successivamente è stato aggiunto il pomodoro. Proveniente dal Nuovo Mondo il pomodoro veniva usato inizialmente solo per ornamento oppure, ritenuto afrodisiaco, offerto in dono alle donne. Da qui il nome francese “pomme d’amour” che in italiano diventa “pomodoro”.

In provincia di Parma c’è un museo del pomodoro. Se volete fare un giro virtuale questo è l’indirizzo: https://pomodoro.museidelcibo.it/

La focaccia è presente in tutte le Regioni italiane, anche se conosciuta con nomi e varianti diverse: piadina in Romagna, puddica in Puglia salentina, pitta in Sardegna…

A Biccari, in provincia di Foggia, si chiama “Pizz a furne apierte” letteralmente “Pizza a forno aperto”. Gli ingredienti sono quelli poveri, semplici, e classici a cui si aggiungono l’olio, l’origano (meglio quello selvatico che cresce spontaneo sulle colline della zona, profumatissimo!) il sale, l’aglio e, a richiesta, il peperoncino.

Ha questo nome caratteristico perché un tempo (quando i forni non erano elettrici, senza termometri e timer, ma alimentati a legna o paglia) il controllo della temperatura veniva effettuato dal fornaio adagiando direttamente sul piano cottura  un pezzo di pasta schiacciata alla bell’e meglio e condita con quello che di più economico si trovava, lasciando la parte anteriore del forno aperta. Quando questa focaccia era cotta si poteva essere certi che la temperatura raggiunta era quella giusta per infornare il pane.

Vi consiglio “caldamente” di assaggiare questa focaccia appena sfornata!

Degustare i prodotti locali permette di scoprire le meraviglie, la squisitezza e le tradizioni italiane.

Inoltre attraverso la conoscenza della gastronomia di un Paese, si conosce anche la storia e la vita del suoi abitanti.

Qualche curiosità

  • La pizza, alimento “per poveri”, insieme agli emigranti è sbarcata negli Stati Uniti, dove si è “arricchita” di altri condimenti: prosciutto, funghi, salumi ecc. Da qui è stata riesportata in Italia, raccogliendo un successo ancor più grande. Questo tipo di fenomeno culturale viene appunto detto “effetto pizzahttps://www.linkiesta.it/2019/07/effetto-pizza-convinzioni/
  • Lo sapevate che esiste un disciplinare che regolamenta la ricetta della vera pizza napoletana?

https://www.pizzanapoletana.org/it/ricetta_pizza_napoletana

  • L’uso del termine pizza è talmente diffuso in tutto il mondo che qualche tempo fa, ad un convegno internazionale sull’alimentazione a Reggio Emilia, uno dei relatori di nazionalità americana si scusò con l’uditorio perché non sapeva come tradurre in italiano la parola “pizza”!

Per finire un consiglio: se dovete mangiare la pizza fatelo con le mani, e non tagliatela secondo il complicato “Teorema della pizza”:

Pizza, please!

Let me paraphrase Raymond Carver, starting by asking you: “what do you think about when we talk about pizza?”

It may seem exaggerated, but tackling the subject without being an expert, runs the risk of being superficial and presumptuous.

Let’s start by saying that pizza, a UNESCO heritage site, is a very easy food to prepare, known and appreciated all over the world. There is even a world day dedicated to it: January 17th.

Despite this, many do not know its history, its tradition, its sociological and cultural meaning.

For this reason, if you want to deepen your knowledge, I suggest you a publication, placed in our warehouse, edited by those who understand the subject and have all the necessary authority: The Italian Academy of Cuisine (L’Accademia Italiana della cucina). You will find in it listed the original ingredients and many curiosities.

www.accademiaitalianadellacucina.it

Pizza and pasta: proceedings of the conference on the fortieth anniversary of Naples delegation, Naples, 27-29 September 1996. Milan, Italian Academy of Cuisine, 1997

The Academy is a “cultural institution” recognized by the Ministry for Cultural Activities and Heritage. On its website we read: “Cuisine is one of the deepest expressions of a country’s culture: it is the fruit of the history and life of its inhabitants, different from region to region, from city to city, from village to village. The kitchen tells who we are, rediscovers our roots, evolves with us, represents us beyond borders. It is the result of tradition and innovation and, for this reason, to be safeguarded and handed down “.

The one on pizza is one of the numerous brochures belonging to the “I Quaderni dell’Accademia” series.

“This is an editorial initiative that offers the opportunity to explore themes and phenomena concerning the civilization of the country’s table and which represent an invaluable heritage of popular history and national customs.”

https://www.lamagnacapitana.it/SebinaOpac/list/pizza/377680943823

But let’s go back to our pizza!

It originated from the focaccia which is a low height bread composed of flour, water, salt and yeast to which the tomato was subsequently added. Coming from the New World, the tomato was initially used only for ornamentation or considered aphrodisiac, offered as a gift to women. Hence the French name “pomme d’amour” which in Italian becomes “pomodoro”, (tomato).

In the province of Parma there is a tomato museum. If you want to take a virtual tour this is the address: https://pomodoro.museidelcibo.it/

Focaccia is present in all Italian regions, even if known with different names and variants: piadina in Romagna, puddica in Apulian Salento, pitta in Sardinia …

In Biccari, in the province of Foggia, it is called “Pizz a furne apierte” literally “Pizza in open oven”. The ingredients are poor, simple, and classic to which we add oil, oregano (preferably the wild one that grows spontaneously on the hills of the area, very fragrant!) It is added salt, garlic, and on request chili pepper.

It has this characteristic name because in the past (when the ovens were not electric, without thermometers and timers, but powered by wood or straw) the temperature control was carried out by the baker by placing a piece of crushed dough directly on the hob, and topped with what was cheaper, leaving the front of the oven open. When this focaccia was cooked, you could be sure that the temperature reached was the right one for baking the bread.

I strongly advise you to taste this freshly baked focaccia!

Tasting local products allows you to discover the wonders, delicacy and Italian traditions.

Furthermore, through the knowledge of the gastronomy of a country, one also knows the history and life of its inhabitants.

Some curiosities

Pizza, food “for the poor”, together with emigrants landed in the United States, where it was “enriched” with other toppings: ham, mushrooms, cured meats, etc. From here it was re-exported to Italy, achieving an even greater success. This type of cultural phenomenon is called the “pizza effect” https://www.linkiesta.it/2019/07/ Effetto-pizza-convinzioni/

Did you know that there is a specification that regulates the recipe of the real Neapolitan pizza?

https://www.pizzanapoletana.org/it/ricetta_pizza_napoletana

The use of the term pizza is so widespread all over the world that some time ago, at an international conference on nutrition in Reggio Emilia, one of the speakers of American nationality apologized to the audience because he did not know how to translate the word pizza into Italian!

Finally, a tip: if you want to eat pizza, do it with your hands, and do not cut it according to the complicated “Pizza Theorem”:

The pizza Theorem: https://www.ilpost.it/mauriziocodogno/2013/09/11/il-teorema-della-pizza/

Traduzione in lingua inglese a cura di Dario D’Andrea, studente dell’Università di Macerata e tirocinante presso la biblioteca.

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Sto in biblioteca da quando il lavoro non era né work né agile. Riordino i libri negli scaffali, ecc… ecc…, e cerco qualcuno che li legga.

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