La lentezza secondo Paolo Pileri, finalista al Premio Leogrande 2021
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“Ormai si vive troppo in fretta. Si fanno subito le cose che vengono dopo. Prima non esiste più. In autunno si pensa al Natale. A Natale si pensa a Pasqua. E a Pasqua ci si organizza per l’estate. Zia Italia diceva sempre che la sveltezza accorcia la vita”. Era il 1996. Un giovanissimo Valerio Mastandrea era con Cecilia Dazzi tra i protagonisti del bellissimo film ‘Un inverno freddo freddo’. Potrebbe essere il booktrailer di ‘Progettare la lentezza’ il libro di Paolo Pileri (People, 2020), professore di Progettazione e pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano. Pileri si occupa di suolo, consumo di suolo ed effetti ambientali, e di progettazione di infrastrutture cicloturistiche. Ma progettare è un verbo importante. Non è solo un indirizzo, un obbiettivo a cui tendere, un percorso da seguire. È piuttosto una necessità capace di impostare paradigmi culturali diversi.
Sì, la lentezza va progettata e consapevolmente soprattutto. Il turismo lento richiede uno studio del territorio e delle sue opportunità, richiede competenze e pianificazione perché si allontana dalla logica turbocapitalista del turismo di massa per dedicarsi al turista come individuo a cui il territorio è in grado di offrire la propria cultura e le proprie radici. Promuovere e valorizzare le bellezze delle campagne, dei borghi, delle montagne e delle piccole e medie città, con il turismo rigenerativo è possibile. Disegnando ciclovie, ciclabili e cammini per riconoscere paesaggi, incontrare gente, toccare con mano le forme della bellezza che ancora anima il Bel Paese e creando lavoro e turismo in un settore nuovo. In Europa se ne sono accorti già da tempo. In numerosi Paesi una parte fondamentale del turismo infatti è quella sostenibile, lenta appunto. La Germania ad esempio negli ultimi 30 anni ha realizzato una rete di ciclovie lunga 50.000km con cui genera un indotto medio annuo di 9 miliardi di euro di cui la metà si distribuisce nei territori dove il turismo non arrivava. Il tempo in cui viviamo ci ha fatto credere che non c’è tempo.
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L’esempio più bello di Progettare la Lentezza, è proprio VENTO, un percorso cicloturistico di circa 800 km (non ancora completo) lungo il Po, da Torino a Venezia, di cui Pileri è ideatore e responsabile scientifico. “Lungo i percorsi lenti quel che conta è rigenerare quel che si incontra – i territori e i loro abitanti – e quelli che passano – camminanti o pedalanti che siano. Quelle tracce lente, naturali e/o antiche, diventano il telaio infrastrutturale sul quale si innesta un nuovo modello di sviluppo, locale ma anche globale, sociale ma anche individuale, culturale ma anche economico”.
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Progettare la lentezza è un manifesto per quello che sarà e che dovrebbe essere al più presto, un sistema economico che guarda alla lentezza come “una risorsa preziosa, inclusiva, rigenerativa, con la quale arrivano lavoro per i giovani, felicità per tutti ed economie sane e locali”. Si tratta di strutturare un vero e proprio progetto politico, pubblico e cooperativo, visionario ma concreto dove il disegno e la realizzazione dei percorsi lenti precedono la promozione del territorio e non l’inverso.
A finale Zia Italia aveva ragione: ‘La sveltezza accorcia la vita’.
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Sergio Colavita