Il Primo Maggio nel ricordo di Giuseppe Di Vittorio

In occasione del Primo Maggio, festa dei lavoratori, vogliamo ricordare la figura di una delle personalità che più hanno dato lustro alla Capitanata, Giuseppe Di Vittorio, sindacalista, nato a Cerignola nel 1892, attraverso il discorso che tenne per il Primo Maggio del 1953, un discorso di straordinaria forza e attualità. Parole che dimostrano la grande caratura morale di un uomo che pose al centro del suo pensiero ed azione sindacale il rifiuto della violenza, condannando, per esempio, l’invasione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici nell’ottobre del 1956, ponendosi in aperto conflitto col suo partito.

Se la celebrazione del Primo maggio diviene, ogni anno, più grandiosa nel mondo è perché il suo significato esprime le aspirazioni più profonde e più vive dell’uomo. Il Primo maggio, infatti, esalta la potenza del lavoro e le priorità e la nobiltà della sua funzione nella vita d’ogni società umana. In pari tempo, questa giusta esaltazione pone in maggior luce l’ingiustizia rivoltante del fatto che, in tanta parte del mondo, il lavoro non è libero, essendo sottoposto al giogo del capitale e subordinato alla legge barbarica del profitto di pochi, a detrimento di tutti. Non essendo libero, il lavoro non può espandersi, secondo i crescenti bisogni dell’uomo; non può utilizzare tutta la sua potenza creatrice, per soddisfare le incessanti esigenze di vita e di progresso dell’umanità. Ogni possibilità di lavoro e di produzione è condizionata e limitata dalla convenienza o meno dei detentori del capitale, dei loro trust, dei loro monopoli.

Di qui, le mostruosità inumane del sistema capitalistico: immense estensioni di terre incolte o mal coltivate e masse enormi di braccianti disoccupati; fabbriche che si chiudono e milioni di famiglie prive dei prodotti più necessari; tonnellate di grano buttate a mare – per mantenere elevati i prezzi – e milioni di uomini e di donne e di bambini che scarseggiano o mancano del pane. Da questo sistema di predominio del capitale, da questo sistema di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sorgono le crisi, la disoccupazione, la miseria, di cui soffrono le popolazioni.

Da questo sistema d’ingiustizia e di sopraffazione, sorgono le cupidigie e le brame di rapina dei grandi monopoli su altri Paesi, su altri mercati, su altre fonti di materie prime. Di qui, sorgono le guerre imperialistiche, coi loro inseparabili e terribili cortei di massacri, di distruzioni, di lutto, di carestia. Il Primo maggio, pertanto, i lavoratori del mondo intero, celebrando la potenza invincibile del lavoro, rivendicando il loro diritto alla conquista di migliori condizioni di vita riaffermano la loro volontà collettiva di accelerare la marcia verso l’emancipazione del lavoro, che libererà tutta l’umanità dal timore delle crisi, dalla paura della fame, dall’incubo della guerra, ed aprirà ad essa la via radiosa del benessere crescente e d’un più alto livello di civiltà.

Il lavoro è creatore di beni; il lavoro eleva gli uomini, li rende migliori e li affratella; il lavoro è pace. Il Primo maggio, i lavoratori d’Italia e del mondo, esaltando il lavoro, ribadiscono la loro volontà di pace e riconfermano solennemente il Patto della loro solidarietà internazionale al disopra d’ogni frontiera di nazioni, di sistemi politici e sociali di razze e di religioni. Tutti fratelli gli uomini e le donne del lavoro.

All’alba di Maggio sorridono, quest’anno, fondate speranze di distensione internazionale e di costruzione d’una pace stabile. Ma i grandi monopoli, profittatori di guerra, non disarmano. Essi confessano d’aver paura della pace, avendo fondato le loro fortune sulla guerra. Di fronte a questi

vampiri, che vogliono dividere ad ogni costo il mondo in blocchi nemici, per fomentare l’odio e la guerra, i lavoratori d’Italia manifestano il Primo maggio la loro volontà di difendere ad ogni costo la pace e di rinsaldare la loro fraternità coi lavoratori dell’Unione Sovietica e di tutti i Paesi del mondo.

Il Primo maggio è anche una giornata di rassegna delle forze organizzate del lavoro, di bilancio dei risultati conseguiti dalle loro lotte, di precisazione delle prospettive della loro marcia in avanti. ue fatti positivi sono da registrare: le forze della grande CGIL sono intatte e in pieno sviluppo; nuovi miglioramenti, anche se lievi, sono stati strappati, in favore dei lavoratori….

L’attacco sferrato dal grande padronato e dal Governo contro il diritto di sciopero e contro tutte le libertà democratiche del popolo; la disciplina terrorista imposta ai lavoratori in numerose fabbriche, hanno lo scopo di curvare i lavoratori e di sottoporli ad uno sfruttamento sempre più intenso, per addossare loro le crescenti spese improduttive del riarmo e della crisi economica…
Mentre tutte le bandiere dei nostri sindacati unitari sventolano al sole di maggio, i lavoratori dei settori decisivi del lavoro italiano – dell’industria, dell’agricoltura, del pubblico impiego, ecc. – sono in agitazione, per una serie di rivendicazioni economiche, urgenti e improrogabili. A queste, sono intimamente legate la difesa del diritto di sciopero e di tutte le libertà democratiche garantite dalla Costituzione.

Il Primo maggio, ribadendo le proprie rivendicazioni più urgenti, una parola d’ordine si leverà da tutte le piazze: Avanti, sempre più avanti, sulla via della conquista di migliori condizioni di vita e della difesa

vigorosa e inflessibile del diritto di sciopero, del lavoro, della libertà, della pace, verso la conquista d’un avvenire migliore, per il popolo e per l’Italia!

Nella misura in cui i lavoratori d’ogni opinione politica e fede religiosa comprenderanno il significato di queste elezioni, voteranno con noi, contro i partiti della coalizione governativa e contro i partiti neo fascisti e monarchici che rappresentano la coalizione del grande padronato, schierata contro le rivendicazioni più sentite e le aspirazioni più profonde del popolo. Tutti i lavoratori voteranno con noi, coi partiti del lavoro, della libertà e della pace.

La festa del lavoro sia la festa dell’unità, dell’amicizia, della fiducia. L’avvenire è del lavoro e dei lavoratori. L’umanità vuoi vivere e progredire nella pace, nella libertà, nella fraternità. Solamente il trionfo delle forze del lavoro potrà soddisfare appieno queste esigenze imperiose dell’umanità.

Da tutte le piazze d’Italia parta, il Primo maggio, il saluto fraterno dell’Italia che lavora ai lavoratori del mondo intero, quale pegno di solidarietà e di pace!

Il discorso fu pubblicato sul settimanale della Cgil “Lavoro”, n.17 del 1953.

THE FIRST OF MAY IN MEMORY OF GIUSEPPE DI VITTORIO

On May 1st, Labour Day, we want to remember Giuseppe di Vittorio, one of the most important men who brought prestige to the Capitanata. He was born in 1892 in Cerignola and, as a union official, he made an extraordinary, still current speech on May 1st, 1953.

His words reflected his sense of morality and why he focused his thoughts and his trade union action on refusing violence. As an example, he stood up against his political party, condemning the Soviet tanks which invaded Hungary in October 1956.

“If the celebration of May 1st becomes every year more impressive worldwide, it is because it represents the deeper and more current aspirations. As a matter of fact, May 1st praises the labour power, the priority and the nobility of its actions in men’s life. In the same way, this legitimate exaltation shows a reluctant injustice. In much of the world, labour is ruled by Capitalism and by the barbaric economic system according to which few people profit at the expense of many. The labour cannot expand in order to follow the growing demand because it is not free. It cannot use its creative force to satisfy humanity’s growing and incessant demand of life and progress. Every labour and production possibility are affected and limited by the conveniences of the holders of capital, their Trusts, and their monopolies.  

Here are some of the more inhuman monstrosities of the capitalistic system: immense expanses of uncultivated or poorly cultivated lands; a horde of unemployed workers; failing factories and millions of families without essential goods; tons of wasted wheat in order to keep prices high; millions of women and children without any bread to eat. From this predominant capitalistic system where humans take advantage of other humans, stem forth economic crises, unemployment and poverty for most populations.

From this system of injustices and oppression arise the greed and lust of big monopolies on other Countries, other trades and other sources of raw materials. From this originate imperialistic wars, with their terrible and inevitable processions of bloodshed, destruction, loss, famines. For this reason, on May 1st workers celebrate the invincible power of work, claim their right to obtain better life conditions, express their will to gain labour emancipation which will set all mankind free from its fear of crises and hunger, from the nightmare of war, and which will bring a growing wealth and a superior level of development.

Work creates wealth. It elevates, improves and unites men through a sense of brotherhood. Work stands for peace. On May 1st, the workers from Italy and from the rest of the world praise work, reiterate their desire for peace, solemnly confirm the Agreement of their international solidarity beyond every national, political, racial and religious borders. All men and women workers are brothers.

At the beginning of May, this year, valid hopes for an international relaxation and achievement of a solid peace smile on us. However, big monopolies and war profiteers are not giving up. They admit being afraid of peace because they gain their fortunes from war.

Because of these vampires, who want to divide the world in enemy blocks at any cost in order to incite hatred and war, on May 1st the Italian workers show their will to defend peace regardless of the cost and to consolidate their brotherhood with the workers from Soviet Union and from all the countries of the world.

May 1st also represents a day of review of organized labour forces, of the outcome of their battles, to clarify the future perspective of their onward march. Two positive facts must be underscored: forces of the great CGIL are whole undisturbed and in full development; new albeit light improvements have been accomplished in favour of workers…

The assault launched by the Government against the right to strike and all the democratic freedoms of the people; the terrorist discipline imposed on workers of many factories have aim to bend their backs and exploit them more and more, in order to burden them with the growing unproductive expenses of the rearmament and the economic crisis…

While all the flags of our union officials are waving to the sun of May, the workers of Italian labour’s decisive sectors – the industry, the agriculture, the public service etc. – are in agitation for some urgent economic claims, like the defence of the right to strike and of all the democratic freedoms guaranteed by the Constitution.

On May1st, a slogan soars from all the squares reaffirming its more urgent claims:

Go forward! Always go forward to conquer better living conditions and vigorous and inflexible defence of the right to strike, to work, to be free, to be in peace, toward the conquest of a better future for the Italian people and Italy!

To the extent that workers of every politic and religious opinion understand the meaning of this election, they will vote with us against the government’s coalition parties and the new-Fascist and monarchic ones, which represent the great employers’ coalition lined up against the deepest claims and aspirations of the people. All the workers will vote with us, with all the labour parties, the parties of peace and freedom.

Labour Day will be the day of unity, friendship, trust. The future belongs to the work and to workers. Only the triumph of work forces could completely satisfy humanity’s imperious needs.

The Italian brotherly greeting comes from every Italian square to the entire world’s workers as a token of solidarity and peace!”

This speech was published by the weekly magazine of Cgil “Lavoro”, nr.17 1953.

Traduzione in lingua inglese a cura di Miriam Vitulli, studentessa dell’Università di Macerata, presso il Dipartimento di Studi Umanistici, corso di Lingue, e tirocinante presso la biblioteca.

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Cultore di storia locale.

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