Famiglia come luogo d’amore

Il diritto di avere una famiglia

Kahu e la balena, di Witi Ihimaera, Bompiani, 2020

Il 20 novembre ricorre la Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia, perché proprio in quella data, nel 1989, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia. La Convenzione, per la prima volta nella storia, dichiarava che i bambini di ogni parte del mondo hanno gli stessi dei diritti – alla sopravvivenza, allo sviluppo, alla protezione e alla partecipazione – indipendentemente dall’estrazione sociale, culturale, etnica o religiosa. Da allora i bambini vengono considerati individui a pieno titolo, con opinioni proprie che hanno il diritto di esprimere. Tutti gli Stati, con l’eccezione degli USA, hanno ratificato la Convenzione.

La nostra Biblioteca dei Ragazzi – da sempre e in qualsiasi momento dell’anno – pone attenzione ai Diritti dell’Infanzia, a partire dai più piccoli.

In questa pagina, in particolare, riflettiamo sul diritto di tutti i bambini, di tutti i figli di ogni angolo del mondo, di avere una famiglia.

Famiglia come luogo d’amore

Al fanciullo si devono dare i mezzi necessari al suo normale sviluppo, sia materiale che spirituale

Se prescindiamo dai vincoli e dai legami di sangue e sottraiamo ogni definizione al termine “famiglia” (tradizionale, allargata, monogenitoriale, arcobaleno…), quel che resta è un luogo dove circola il bene. Dove è possibile offrire e prendere amore, dove l’accudimento e la cura sono (così dovrebbe essere) alla base delle interrelazioni, dove c’è chi sprona, chi ascolta, chi chiede, chi porta anche il fardello degli altri, chi spartisce il cuore in parti uguali, e chi – come in un miracolo e senza togliere niente a nessuno – lo consegna intero a l’uno e agli altri.

In questa accezione, famiglia è una comunità dove i sentimenti di appartenenza, di rispetto, di responsabilità ed empatia, non vengono mai meno.

Certamente le cose sono spesso contraddittorie e molto più complicate di così, ma qui è importante sottolineare gli aspetti sani dell’essere famiglia, e parte di una famiglia.

Poiché è dai libri che noi partiamo, ed è lì che ritorniamo sempre, per meglio raccontare il bene che se ne infischia del legame parentale, abbiamo scelto questa storia.

Kahu e la balena

Kahu è una bambina di otto anni. Il suo nome deriva da Kahutia Te Rangi, che è suo nonno, il capostipite della tribù maori.

La mamma di Kahu muore poco dopo il parto, da allora la neonata riceverà amore dagli altri della famiglia.

La bambina è amata da tutto il villaggio, soltanto il nonno Kahu non riesce a istaurare un legame sereno con lei. Il fatto è che il capo della tribù avrebbe voluto un discendente maschio a cui affidare la custodia dell’intera comunità.

Kahu però è forte, è una bambina audace e coraggiosa, discende da colui che solcava i mari e parlava con le balene. Proprio grazie alla sia testardaggine e al suo forte legame con le tradizioni, Kahu riuscirà a riconquistare il nonno, e persino a salvare la balena che si è arenata sulla spiaggia del villaggio.

Dal Web.

Questa è una storia delicata e intensa sul valore del bene come nocciolo caldo di quel gruppo di individui che chiamiamo famiglia. Questo romanzo, inoltre, sollecita la sensibilità ambientale e avvicina i giovani lettori alla ricchezza della cultura maori.

La storia di Kahu è diventata anche un film La ragazza delle balene (Whale Rider), di Niki Caro.

Kahu e la balena fa parte delle collezioni della nostra Biblioteca dei Ragazzi ed è fra i titoli della bibliografia “Famiglia come luogo d’amore”, dedicata al diritto dei bambini di vivere in un luogo sano, adeguato, nutriente per il corpo e per il cuore.

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Pugliese. Quel che più ama: i figli, il blu mare, i colori primari e, a partire da quelli, tutti gli altri, la pagina scritta, la parola che cura, i bambini, danzare, e la sua Stromboli.

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