Il suono delle parole per raccontare il mondo
Io parlo come un fiume, parole di Jordan Scott, immagini di Sydney Smith, Orecchio Acerbo, 2021.
Mi sveglio ogni mattina
con i suoni delle parole
che mi circondano.
E non posso dirle tutte.
Sono tutto quello che abbiamo, le parole. O almeno questo sentiamo, se abbiamo voglia di farci capire, se abbiamo a che fare con gli altri, se desideriamo raccontare, dire, domandare. Quando vogliamo farci ascoltare, essere credibili, bravi a scuola, negli studi e anche nei giochi.
Con le parole, sembra più facile esistere. Senza, diventiamo invisibili.
Le parole nascono dentro; montano, ci attraversano, poi si fanno altro da noi. Alle volte sgorgano fluide, semplici e lisce, senza nessun intoppo. Altre volte vengono fuori a singhiozzo, come bocconi incastrati in gola, come promesse mancate. Fanno fatica a manifestarsi.
Jordan Scott, l’autore di questo libro delicato e commovente – Premio Andersen come Miglior albo illustrato 2022 – ci fa capire come può essere parlare per un bambino che balbetta. Lo fa partendo dalla sua stessa esperienza, con un testo minimale e asciutto e le illustrazioni poetiche di Sydney Smith, che si svelano pian piano, tra le pagine ripiegate.
Passo dopo passo, attraverso lo “sguardo” del ragazzino protagonista che si staglia su tutto quel che vede, il lettore rivive l’intensità, l’emozione – o la fatica – del percepire e tradurre in parole il mondo. Del sentirsi nel mezzo, soli, poco attrezzati, senza quel po’ di pelle che ci permette di confrontarci con gli altri.
Non è solo con il linguaggio che il bambino si misura, anche se qui è di questo che si parla. Infiniti sono gli alfabeti che da piccoli, e in breve tempo, tocca imparare per comprendere e per farsi capire. E infiniti possono essere, e sono, i freni, gli ostacoli, argini alle volte troppo alti o inesistenti, che il bambino incontra quando incomincia a “camminare” senza più la mediazione degli adulti.
Jordan Scott scrive Io parlo come un fiume per suo padre, e lo dedica a suo figlio. Sembra voglia dedicarlo, anche, a quelli che si sentono persi, soli o diversi. A tutti, quindi.
Mio padre si accorge che sono triste e mi abbraccia,
indica il fiume e dice:
“Vedi come si muove l’acqua? Ecco come parli tu”.
La Biblioteca dei Ragazzi ha scelto questo titolo, tra molti altri, in occasione dell’inizio della scuola, perché crede che la comunità scolastica, potenzialmente così ricca e nutriente per gli alunni, gli insegnanti e le famiglie, possa essere un luogo unico, “su misura”, che tiene conto delle esigenze e delle peculiarità di ciascuno.
Io parlo come un fiume fa parte della nostra collezione e va regolarmente in prestito.