“Ci sono notti che non accadono mai”, scriveva in uno dei suoi versi più belli Alda Merini.
Ci sono anche vite che non accadono mai, che restano ai bordi delle piste da ballo, dietro i vetri delle finestre, le mani in tasca per mascherare l’imbarazzo e il desiderio di alzare un dito e dire: “Guardatemi, ci sono anch’io”.
Il bibliotecario di Timpamara, protagonista di Malinverno, l’ultimo romanzo di Domenico Dara (Feltrinelli, 2020) è così: condannato a zoppicare, per la beffa di una gamba più corta, un uomo senza storia tra i vivi e con molte storie tra le pagine e i morti.
“Astolfo Malinverno, custode di libri, guardiano del cimitero, protettore dei vinti”.
Non potrete che amarlo questo antieroe che, per un caso del destino, finisce per dividere la sua solitudine tra il lavoro al camposanto di giorno e quello in biblioteca di pomeriggio, e sia da una parte che dall’altra riesce a sconfiggere la morte con l’amore, l’immaginazione e la poesia.
Proprio lui che non ha mai veramente vissuto, che non ha preso parte alle feste dell’esistenza, che rigira il suo isolamento come la frittata lasciata nel piatto la sera.
È un riparatore, Astolfo, uno che antepone alle leggi umane le leggi universali degli Uomini in terra e in cielo, capace di cercare il sonno abbracciato alla foto di una donna senza nome e senza data di nascita e di morte.
Ma lui questa condanna all’anonimato non l’accetta e la ribattezza Emma, come Madame Bovary, il personaggio letterario che più ama, per cui fa celebrare i funerali, con tanto di necrologio sul giornale del paese.
È un posto immaginario e magico, Timpamara, dove esistono una cartiera e il macero, così le storie volano per aria e si mescolano al quotidiano dei compaesani, che iniziano a chiamare i propri figli coi nomi storpiati degli eroi di carta.
È una preghiera appena sussurrata alla forza della letteratura, questo libro, perché le storie sanno uscire dai recinti delle trame e si muovono sulle gambe delle persone e creano legami, partono e tornano, ogni volta riscritte dal nuovo lettore o da un ascoltatore occasionale.
“[.] I libri erano più prossimi agli uomini che agli oggetti”.
È anche un libro sulla resistenza, la perseveranza e la memoria: non bisogna mai smettere di credere che la vita può accadere, da un momento all’altro, che il mare sta lì ad aspettare, anche se il passo zoppo ci fa più lenti, in ritardo su tutto.
Un libro in cui lo stupore per gli eventi fuori da ogni logica lascia il posto agli applausi che sempre dovrebbero celebrare le cose giuste di un mondo ingiusto.
Non sembrerà strano allora che Margherita sposi il suo Fiodoro appena morto, che un cane sia seppellito accanto agli uomini e ad una gamba, che pure ha diritto alla sepoltura.
Effetti collaterali di questo libro: fa venir voglia di leggere o rileggere le dis-avventure del cavaliere dalla triste figura, della sfortunata eroina di Flaubert, dello spadaccino preceduto dal suo naso di almeno un quarto d’ora
E poi, succede che vai anche a cercare i versi di Ciro di Pers, che finiscono in una clessidra, a segnare per sempre il tempo dei vivi.
I vivi che hanno il dovere di tirare fuori le mani dalle tasche, di alzarlo quel dito e di gridarlo a viva voce: “Guardatemi, ci sono anch’io”.
“Perché nessuna sconfitta è peggiore della rinuncia”.
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Romanzo disponibile al prestito, in formato digitale e cartaceo.
Su Ciro di Pers segnaliamo anche questo libro di Michele Dell’Aquila, che raccoglie tre saggi su Leopardi: uno di questi si intitola Leopardi lettore di Ciro di Pers?
MALINVERNO, THE MAN WHO GROWS STORIES
“There are nights which never happen”, Alda Merini wrote in one of her most beautiful verses.
There are also lives which never happen, that stay at the edge of dance floors, behind windowpanes, the hands in the pockets in order to hide the embarrassment and the desire of raising a finger and say “Look at me, I am here too.”
In the last novel by Domenico Dara (Feltrinelli, 2020), the main character of Malinverno, alibrarian from Timpamara, is described as condemned to limp because of a shorter leg, a man without history among living humans and with many stories in the pages and the dead.
“Astolfo Malinverno, custodian of books, guardian of cemetery, protector of the defeated”.
One can only love this anti-hero who, by way of fate, fills his loneliness between his work at the cemetery in the morning and then at the library in the afternoon. And in both places, he can overcome death with love, imagination and poetry.
The very same who has never truly lived and has never joined in the joys of living, who turns over his isolation like the omelette he left on the plate the night before.
Astolfo is a mender, one who places the universal laws of Humans in heaven and earth before men’s laws, someone who can seek the sleep holding the picture of a nameless woman, who has neither a date of birth nor death.
However, he does not accept that she be sentenced to anonymity and names her Emma, as Madame Bovary, the character whom he loves most, whose funeral he celebrates as well as the obituary in the town’s paper.
Timpanara is an imaginary and fairy place, where the paper mill and the pulp mill are, so that stories fly up in the air and mingle with the townspeople’s daily lives, who start calling their own children with crippled names of paper heroes.
This book is a prayer whispered to poetry’s power because stories can come out from enclosing plots, can move on people’s legs and create bonds; they leave and return, every time they are written again by a new reader or an occasional listener.
“(…) books are more similar to humans than objects”.
It is also a book about resistance, perseverance and memory: one must not stop to believe that life can happen at any moment, that the sea is there waiting, even if the limping slows one down and delays everything.
It is a book where the wonder for the events illogically makes room for applauses, which should always celebrate the fair things in an unfair world.
Then, it does not seem strange that Margherita marries her Fiodoro, who has just died, or that a dog is buried next to humans and that a leg also gets its burial right.
Collateral effects of this book: it makes you want to read over and over again the misadventures of the knight of sad figure, about Flaubert’s unlucky heroine, about the swordsman who is preceded by his nose by at least a quarter of an hour.
And then, one happens to go and search for Ciro of Pers’ verses, which end inside an hourglass in order to mark forever the time of the living.
The living who must take their hands out of their pockets, who must raise their finger and shout out loud “Look at me, I am here too!”.
“Because no defeat is worse than resignation”.
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The novel is available to be borrowed both in digital and paper form.
Traduzione in lingua inglese a cura di Miriam Vitulli, studentessa dell’Università di Macerata, presso il Dipartimento di Studi Umanistici, corso di Lingue, e tirocinante presso la biblioteca.