Pensieri misti sul romanzo di Filippo Ronca, Sembra che presto annegherò, Mondadori, 2024
[…] che in fondo tutti viviamo in riva al mare. Tutti. Anche se non lo vediamo, anche se non sentiamo il rumore delle onde, il mare riempie le città, senza allagarle, tutte, indistintamente, da sud a nord, dall’Italia al resto del mondo, perché il mare, a me, a volte, non mi sembra una questione di acqua, mi sembra piuttosto una questione di paura dimenticata e gioia riconosciuta, un’emozione, precisa, che va e ritorna, che non puoi fermare, ma che fa parte delle tue gambe e delle tue braccia e ti aiuta a muoverti, anche se non sai nuotare.
Non so come mai questa volta, quel senso di vicinanza, di assoluta adesione alle pagine, sia più forte di altre. Sarà il momento. Sarò io, mi dico. Sarà che questa storia custodisce cose che non si fabbricano più. Mi vengono in testa dei pensieri. E anche adesso, che questo libro è diventato proprio mio, tutto segnato con delle linee, dei pallini, dei piccoli cuori vuoti di matita, anche ora, che è finito da qualche settimana, questi pensieri continuano a cadermi addosso, mi arrivano in faccia, come quando sbatti contro un muro. Come quando cammini e guardi per terra invece di guardar avanti, e allora ecco che sbatti.
Questo libro mi alza gli occhi a forza, mi allarga lo sguardo.
Ho frequentato il mare alto e anche l’amore. A lungo, sempre, unica condizione possibile, per me, per star al mondo.
A un certo punto, per ragioni che non ricordo più bene, rinuncio a una cosa e anche all’altra, contemporaneamente, come se scinderle, volerne una oggi e una domani, fosse impossibile. Come fossero una cosa sola.
L’amore e il mare e io, che scelgo il suolo, i piedi a terra, chiusi dentro le scarpe, io proprio, il peso mio sulle mie stesse spalle, la forza di gravità, un passo e un altro passo e ancora uno, l’aria asciutta, in bocca, sotto la lingua, senza un’ombra di sale, aria dolciastra nel naso che brucia a ogni respiro. È per capire dove bisogna andare, mi dico. È per vedere dov’è che finisce la strada. Quand’è che ci si può fermare.
In mare, solo per restare a galla, io basta, mi dico.
L’amore, basta. Che se dovessi spiegare a un bambino di cosa è fatto, questo amore, che forma ha, che sapore ha, sa di mollica di pane, profuma di casa di nonna, sa dell’acqua dei fiori al cimitero che nonna adesso vive là, io, a un bambino, non saprei che cosa dire.
Poi mentre l’acqua sale, che annegare è più semplice di quel si crede, incontro questo libro.
Sembra che presto annegherò
C’è il mare, qui dentro. Non è solo un mare d’acqua però, è un mare fatto di parole, anche. Parole che mentre leggi senti il “rumore”, l’intonazione, le pause. Un mare fatto di persone che le incontri e ci fai amicizia. Di questi due, Antonia e Manfredi, che sono proprio come devono essere, non potrebbero essere in nessun altro modo.
È un mare fatto di luoghi che si vedono bene, come fossero i tuoi, anche se io a Brescia, per esempio, non ci sono mai stata, come se tra le pagine ci fossero delle fotografie, finestre aperte dalle quali guardare.
E c’è l’amore, in queste pagine. Non solo una storia d’amore, però. C’è il racconto dell’amore che si ficca in ogni spiraglio, nelle fessure. Nelle crepe del cervello, quando ti pare di riconoscere in ogni sagoma, in ogni profilo, l’unica sagoma, l’unico profilo che non c’è. C’è l’amore che s’attacca al pavimento, alle pareti, alla pezza bagnata, ai biscotti, alla chiave nella toppa, all’anta dell’armadio che sbatte e tuona in testa, alle impronte, sulla strada di casa, dalla quale andare e venire, che una casa a questo serve, ad andare e a ritornare.
C’è l’amore che sfiora le cose nuove, che paura. Un indirizzo nuovo, un civico nuovo che non è di nessuno anche se adesso è là che abiti. C’è il desiderio, che ci tiene in piedi, pelle che cerca la pelle, quella specie di amore che c’è anche quando non sai bene che farne. C’è l’amore, indistruttibile, sotto le suole che tante volte hanno corso e corrono ancora, come mosse da vita propria, come se potessero decidere da sole cosa fare, dove andare.
Questo libro racconta tutto l’amore che vuoi, e anche quello che non vuoi, cioè che non vorresti più, per quanto grande è. O che, per la stessa ragione, vuoi per sempre. Un tipo d’amore che tira giù nel fondo, neanche fossi inzavorrato, e poi ti risputa a galla, ma forte, ché la vita così funziona, decide lei se è tempo d’annegare.
Non so dire quanto importante siano il mare e l’amore, per me. Per tutti, io credo. E quanto male faccia questo strappo che mi tiene (mi ha tenuta) lontana da entrambe le cose, senza il mio consenso, senza mai chiedere scusa. Posso però dire che questo romanzo è venuto a prendermi in un angolo stretto nel quale talvolta mi ficco, mi ha presa, ha aspettato perché io resto sempre indietro. Mi ha tenuta fino all’ultimo rigo, dentro questo sentimento pieno ma leggero, che esiste anche se non ci pensi, che fa bene anche quando stai male, che è buono ma non lo so se è dolce, a pensarci bene, anzi, è salato, che smarrisce come un tuffo a occhi aperti, e resta addosso, poi, anche dopo, quand’è finito.
A Filippo, io, grazie l’ho già detto.
Quant’è bella la fine delle cose, c’è un momento commovente, sembra che tragico e splendente siano sinonimi.
Filippo Ronca nel 2022 ha frequentato la prima edizione del corso, della Scuola Karenin, “Trovare la sedia“, tenuto da Paolo Nori. Questo romanzo è figlio, anche, di quella esperienza.
Perché la paura, c’è da dire, quando arriva, arriva piano o tutta insieme, dipende dai casi, ma quando passa, se passa, passa sempre in un attimo, la paura.
Giovedì 18 aprile 2024, alle ore 18:00, al Museo di Storia Naturale di Foggia, Filippo Ronca presenta Sembra che presto annegherò. L’evento rientra in Fuori gli autori, rassegna di incontri letterari a cura della Biblioteca la Magna Capitana e libreria Ubik Foggia.
Il romanzo è parte delle collezioni della nostra Biblioteca, ed è ammesso regolarmente al prestito.