«Nessun essere, eccetto l’uomo, si stupisce della propria esistenza; per tutti gli animali essa è una cosa che si intuisce per sé stessa, nessuno vi fa caso, osservava Schopenhauer.
Già Konrad Lorenz era convinto che, nei limiti delle loro capacità cognitive e intellettive, una qualche forma di coscienza o autocoscienza fosse certamente riscontrabile anche negli animali.
Oggi, siamo diffusamente consapevoli della possibilità che gli animali provino un vasto spettro di quelle emozioni che per secoli abbiamo creduto prerogative del genere umano.
Consideriamo più che verosimile la possibilità che anche gli animali non domestici e meno antropizzati possano esprimere comunemente gioia, dolore, noia, disperazione, rabbia e gelosia.
Ma cosa succederebbe se fosse l’incontro con l’uomo, con la sua cultura e i suoi manufatti, a poter avvicinare in qualche modo il mondo animale alla scoperta della soggettività, dell’autoconsapevolezza, e non ultimo, della conoscenza, e, di conseguenza, ai concetti di amore, morte, trascendenza, destino?
Archy è l’io narrante della storia. Una faina orfana di padre, zoppa in seguito ad un incidente di caccia in tenera età, che, fragile e malinconica, sarà condannata a ricercare spasmodicamente il suo posto in un mondo tanto meraviglioso quanto terribilmente ostile.
Vivrà intensamente il proprio presente, conoscerà presto il calore del sesso, la tenerezza dell’amore, la crudezza della violenza ferina e le cupe angosce della solitudine.
Allontanato dalla famiglia, per via della propria debolezza, sarà ceduto ad una volpe in cambio di cibo, al cospetto della quale, dovrà guadagnarsi la propria sopravvivenza servendola riverentemente e cercando di carpirne i segreti più reconditi.
Avrà la possibilità di conoscere i riti e le regole del bosco e degli animali che lo abitano.
Assaporerà la fascinazione della parola e della cultura dell’uomo, la scrittura, la nozione e la misura del tempo e, forte di questa nuova consapevolezza, come l’uomo, non vivrà più, esclusivamente, il proprio presente, ma finirà, necessariamente, a interrogarsi riguardo alla finitezza del proprio destino, al concetto di morte, di immanenza e di soprannaturale.
Sull’orlo del confine che separa l’equilibrio del mondo naturale dall’irrequietezza della dimensione umana, tenterà, come ogni essere vivente, di governare le proprie sorti e di preservare la propria vita anche attraverso «l’ultimo, stupido intento: scappare, come tutti, dall’inevitabile».
Il libro, disponibile al prestito in Biblioteca, fa parte della cinquina finalista del premio letterario Leggo Quindi Sono, che vede protagonisti oltre 500 studenti delle scuole di Capitanata.
L’autore sarà presente in Biblioteca, mercoledì 28 aprile 2022, alle ore 18.00, per un incontro pubblico.
Marcello Curci