Perché, vita, non sei stata una brava scrittrice?
Cose che non si raccontano di Antonella Lattanzi, Einaudi 2023, non è un diario.
L’autrice, pur narrando di sé e della sua Odissea per provare a diventare madre, non dimentica mai di essere una scrittrice.
Non lo dimentica quando sceglie cosa svelare e cosa tacere, in che ordine ripercorrere la storia dei due aborti prima dei vent’anni e la ricerca di una maternità ossessivo-compulsiva dopo i quaranta.
Non lo dimentica neppure tutte le volte che ricompone la storia come una sceneggiatura: va avanti e indietro, inquadra se stessa e dà voce ai suoi pensieri, contraddittori e perciò veri.
Il libro è attraversato da una doppia esigenza di generare: vita biologica da un lato, scrittura dall’altro.
Scegliere non è possibile, perché entrambe le opzioni portano con sé una pienezza di senso.
“Si tratta alla fine di esistere”, si legge nel romanzo.
Non è soltanto autofiction, anche se la storia è intima e personale.
Questa catabasi diventa la storia universale di ogni essere umano, che per sua natura è costretto a rinunciare ad alcune parti di sé, per entrare in un ruolo.
E allora scrivere non è catartico, è semplicemente inevitabile per chi fa questo di mestiere.
Diventa l’unica forma attraverso cui uno scrittore dà senso al mondo, alle cose che gli accadono: come ha detto anche Matteo B. Bianchi, durante la presentazione a Foggia del suo La vita di chi resta, Mondadori 2023.
C’è qualcosa che rimanda un libro all’altro, anche se le storie sono diversissime.
Forse è l’esigenza di narrare per de-costruire e ri-costruire quello che è accaduto ed offrirlo ai lettori come possibilità di vita e non di morte.
Abbiamo bisogno di progetti e di futuro, che possono arrivare da mille direzioni senza imporre la dittatura della rinuncia perenne.
C’è tanto sole. Mi credi, tu che mi leggi, che io me lo ricordo come un momento abbagliante? Una specie di incredibile «noi».
I libri non sono figli, no. Lo ripete più volte, Antonella Lattanzi.
Non vengono confusi i piani della vita biologica e di quella simbolica, ma una sorregge l’altra, in qualche modo.
Chi racconta per mestiere, racconta anche per dare significato a ciò che gli accade.
Ed allora, l’autrice si trova spesso a pensare come avrebbe risposto il compagno se fosse stato un personaggio di carta, ma anche nelle storie scritte bene i rapporti non sono mai un gioco in cui si vince o si perde.
A colpire in questo romanzo è la complessità, non soltanto della vicenda, ma di come l’esperienza viene elaborata.
Se la vita fosse stata una brava scrittrice, forse l’epilogo di questa storia sarebbe stato diverso?
Non è detto, la buona scrittura non conosce solo l’happy end.
La buona scrittura sa scavare, elevare a simbolo e restituire in forme più accettabili, perché le esperienze diventano nominabili e quindi pronte ad essere ricordare in futuro.
E nulla di quello che si può dire e richiamare alla memoria, può farci davvero ancora tanto male.
Cosa mi tiene in vita? Il romanzo. Scusami romanzo, per averti dato la responsabilità di salvare la mia vita.
Grazie, Antonella (Toni), per aver reso meno doloroso il dolore che ogni lettore, a modo suo, si porta dentro, cercando storie sulla pagina per buttarlo fuori.
Della stessa autrice, leggi sempre sul nostro blog la recensione del libro Questo giorno che incombe.
Giovedì 11 maggio 2023, alle ore 18.00, nella sala narrativa della Biblioteca “la Magna Capitana” di Foggia, la scrittrice converserà con Carla Bonfitto, docente e curatrice del blog Pagine d’autore.
Evento inserito nell’ambito della rassegna letteraria Fuori gli autori, organizzata dalla Biblioteca insieme alla libreria Ubik.