Chi si nascondeva dietro la “mano de Dios”?
Quanti ricordano la sfida memorabile di calcio mondiale giocata a Città del Messico nel 1986 tra Argentina ed Inghilterra? La partita terminò 2 a 1 a favore dell’Argentina ed il protagonista assoluto fu il giovane Diego Armando Maradona. Incredibili furono le due reti realizzate dal calciatore sudamericano contro una delle formazioni più temute del mondiale.
Ma il primo goal resterà impresso nella storia del calcio: Maradona, con un abile salto riuscì a superare in uscita il portiere inglese Shilton e, con il gesto impercettibile della mano, a spingere la palla in rete, ingannando così l’arbitro che convalidò il goal.
Da quel giorno in poi Maradona giustificherà quell’azione come un gesto voluto direttamente dalla “mano di Dio”. Argentina – Inghilterra non era un semplice incontro di calcio, ma richiamava una storica discordia che travalicava i confini dello sport. A distanza di trentaquattro anni le immagini di quel clamoroso goal continuano a fare il giro del mondo.
Il 25 novembre 2020 sarà per tutti gli appassionati di sport un giorno molto triste: la leggenda del calcio mondiale si è spenta all’età di 60 anni a causa di un arresto cardiaco.
Diego, come amava farsi chiamare, entrò prepotentemente nelle case degli italiani e dei napoletani nella metà degli anni ’80.
A Napoli trascorse sette anni indimenticabili fatti di successi, come i 2 scudetti conquistati nel campionato italiano e la vittoria finale in coppa Uefa, ma purtroppo tanti furono anche i fallimenti.
La stampa lo definirà “genio e sregolatezza”: la genialità del calciatore e la sregolatezza dell’uomo. Il soprannome “El Pibe de Oro” fu coniato agli inizi della sua carriera a dimostrazione del suo grande talento.
L’esperienza italiana di Maradona negli anni ’90 è stata un susseguirsi di emozioni; l’avventura di Napoli fu la più importante nella sua carriera a parte quella del mondiale del 1986. La città lo accolse come un figlio, come fosse un vero napoletano. Divenne presto il simbolo del riscatto sociale della gente del sud (avendo avuto una vita difficile), di quella parte del Mezzogiorno d’Italia martoriata dalla malavita, dalla crescente delinquenza e dalla disoccupazione dilagante. Diego infatti era nato in un quartiere disagiato della periferia di Buenos Aires, terzo di sette figli.
Molto spesso tra le vie dei quartieri spagnoli si incontravano gruppi di bambini intenti a calciare un pallone con la maglietta n. 10, quella del campione che tra le auto in sosta, emulavano i dribbling del loro idolo.
Il volto di Maradona era ritratto in ogni angolo di strada, tant’è che i napoletani lo idolatravano quasi fosse un dio, tanto da accostarlo alla icona sacra della città San Gennaro.
Nel paese si avvertiva quell’aria di cambiamento e di ripresa economica: bar, ristoranti ed alberghi erano sempre gremiti di giornalisti di tutto il mondo e di gente comune arrivata in città per conoscere da vicino il fenomeno sudamericano.
C’è anche da dire che la maggior parte dei bambini nati nel 1987 venivano registrati all’anagrafe con il nome di Diego a dimostrazione dell’amore sfrenato dei napoletani per il loro campione.
Non tutte le favole però hanno un lieto fine: la carriera dello “scugnizzo napoletano” iniziò il suo declino nel 1991, quando, durante un controllo antidoping, risultò positivo alla cocaina e, successivamente, gli fu comminata una squalifica di 15 mesi. Per alcuni si trattò di una trappola tesa al calciatore. Il caso Maradona fece il giro del mondo e i media accostarono il suo nome a quello del clan camorristico Giuliano di Forcella.
Maradona, forse il calciatore più forte di tutti i tempi, si ritirò in Argentina, dove attraversò un lungo periodo di depressione e, nell’inferno della solitudine, continuò a far uso eccessivo di stupefacenti ed alcolici; questa sua condizione lo relegò ai margini della società, lontano da tutti.
Chi continuò a stimare Maradona fu invece il leader Maximo Fidel Castro. Il comandante cubano lo definiva il “Che Guevara dello sport”, sostenendo che lo sport fosse un diritto del popolo.
I due si conobbero negli anni della dipendenza di Maradona dalla cocaina; Fidel Castro l’ospitò a Cuba affinché si disintossicasse e da quel momento diventarono molto amici.
Diego era un personaggio eclettico, a volte scontroso ma anche divertente e socievole.
Commovente fu una sua celebre frase “ho fatto tanti errori nella vita, ma non deve essere il calcio a pagarli, perché il pallone non si sporca“.
Il disegnatore Paolo Castaldi gli ha dedicato un libro dal titolo: “Diego Armando Maradona”, un riconoscimento al grande uomo di sport, all’artefice di indimenticabili eventi calcistici.
Questo graphic novel, inserito tra le novità in catalogo della biblioteca di Foggia, è diviso negli 11 “tocchi” di palla che l’asso argentino, il 22 giugno del 1986 nello stadio di Città del Messico, fece per segnare la prima rete dell’incontro.
Castaldi, tra i tanti aneddoti riportati sulla vita di Diego ne racconta uno in particolare che ha fatto breccia nei cuori degli italiani. L’autore racconta che Carmine Gianfelice ebbe l’arduo compito di marcare Maradona durante un incontro di calcio ad Acerra, su un campetto fangoso e mal ridotto. L’evento era stato organizzato per beneficenza, con lo scopo di raccogliere denaro per le cure di un bambino del quartiere gravemente malato. Quel giorno l’asso argentino si presentò in campo contro la volontà del suo presidente che gli aveva vietato di prendere parte all’incontro per non incorrere in infortuni che avrebbero potuto compromettere la stagione calcistica, oltre ai danni economici che ne sarebbero conseguiti. Nonostante ciò, Maradona giocò ugualmente quella partita: lo fece per quel bambino e per la gente che lo acclamava sulle tribune.
Molti registi gli hanno riservato diversi documentari e film che ne raccontano la vita pubblica e privata, come Kusturica e Sorrentino; David Foster Wallace, nel suo saggio: “il tennis come esperienza religiosa” (Einaudi, 2017) cita Maradona tra i “rari atleti preternaturali che sembrano esenti, almeno in parte da certe leggi fisiche”; (pp. 58-59) musicisti gli hanno dedicato brani tra i quali i Thegiornalisti con Maradona y Pelé, Mano Negra con la splendida Santa Maradona ed uno dei pezzi più commoventi scritto dal suo ex leader Manu Chao la Vida es una tómbola.
….AD10S Diego.
Michele Ferrazzano